Masnada Teatri
CAVALLERIZZA – SECONDO APPUNTAMENTO | 15 DICEMBRE ORE 16 | TORINO
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REPORT DELLA GIORNATA:

Incontro Cavallerizza Reale 15 dicembre 2013 ore 16.00:

Marte Costa: riassunto della scorsa riunione. Abbiamo discusso sull’identità della Cavallerizza in quanto bene comune. C’è stata la proposta di Viren Beltramo. Necessità di trovare una condivisione sul tipo di utilizzo che s’immagina per questo spazio, anche riflettendo sul carattere estremamente oneroso della manutenzione di questo stabile. Si è espressa l’esigenza di condividere con altre fette di popolazione la discussione.

Michele Di Mauro: rispetto all’iniziativa di Viren non credo sia giusto procedere con un incontro con Braccialarghe. Le ipotesi che verranno prospettate all’assessore sono due (progetto di Viren e  insieme a quello dell’Accademia dello Spettacolo). Ma noi? Non siamo in tanti, non dobbiamo essere solo teatranti, pensare anche agli alloggi forse è tanto. Siamo in pochi e non riusciamo ancora a capire come e se entrare. Di sicuro non si può pensare di presentare un progetto di gestione privata. Dobbiamo capire quale sia il valore di un posto come la Cavallerizza. Cosa si cucina qui dentro? Quale bene può venire prodotto? Nemmeno chiedere idee tramite bigliettini si può fare ora. Bisogna essere concreti.

Jurij Ferrini: il valore di ciò che si fa qui dentro potrebbe essere una novità assoluta nel mondo del teatro e del mondo sociale. Un posto di condivisione nuovo. C’è un movimento a Roma e Milano, chiamato Sharewood, con cui si può parlare. È bene che si condivida il principio che un bene demaniale appartenga alla cittadinanza. Bisognerebbe entrarci, guardando a certe cose del Valle. Sharewood potrebbe dare una mano all’inizio.

Michele Di Mauro: lunedì c’è stata riunione AGIS, in cui Braccialarghe ha definitivamente dichiarato la chiusura dei rapporti tra Comune e cultura. Non è questo il momento per andare a parlare con queste istituzioni. Per un progetto dobbiamo discutere quale sia il progetto che si vuole presentare.

Davide Di Palo: stiamo condividendo che stare qui sia un atto politico, come lo è il teatro e l’educazione. Propongo di discutere di più e più largamente. Io ho tempo, adesso, di mettermi qui per discutere sul valore sociale e politico di questo posto. Ci vuole un’assemblea permanente, tutti i giorni, disposti a raccontare e discutere con chi passa di qui. È vero che il tempo stringe. Ora che abbiamo cominciato è ora di andare a fondo. Magari arriverà sempre più gente.

Michele Di Mauro: il problema è che il comune ha deciso che non gli interessa ciò che per anni ha fatto lo Stabile. Non ha interesse a progetti che si sostituiscano a quel tipo di gestione. Noi dobbiamo solo dimostrare che il progetto che vogliamo proporre possa mettere persino in moto un’economia, se è ben pensato prima, insieme.

Giulia Druetta: questo posto è vario. Bisogna fare in modo che questo posto sia collettivo, orizzontale, dal basso. Non andiamo da nessuna parte se dobbiamo decidere tra associazioni. Sono d’accordo con l’assemblea permanente, bisogna rimanere sul posto, magari andando fuori a fare azioni teatrali o cortei. Andare a farci vedere, con volantinaggio. Siamo pochi, non stiamo sul posto, bisogna trovare modalità alternative di presenza. Dobbiamo fare qualcosa che porti la gente alla Cavallerizza. Usciamone per farci rientrare le persone. Se vogliamo farlo, diamoci struttura, orari, cadenze. L’assemblea deve essere democratica, che sia il motore decisionale del nostro agire politico.

Enrico Sudatestorie: Sono d’accordo sull’assemblea permanente. Con un evento finale per aprirla. Aprire la discussione al di là del riutilizzo culturale. Se c’è un presidio anche di persone che abitano qui magari saremo più numerosi.

Marco Brunazzi: figuriamoci se il Comune prende in considerazione un non-progetto. Un comune che vuol vendere i trasporti, figuriamoci se non vuole svendere anche il patrimonio culturale e la cultura che c’è dentro. Quando a Roma ci fu il processo a Priebke sembrò che dovesse essere prescritto. Ma la giustizia venne rivendicata dalla comunità ebraica, anche se non tutti i morti delle fosse ardeatine erano ebrei. Sono d’accordo all’assemblea permanente. Bisogna fare un passo più grande, altrimenti lo fanno i forconi. Queste sono opportunità per ricostruire molecolarmente il tessuto sociale. Ma il discorso deve rimanere ampio. Qualsiasi cosa funziona se garantisce visibilità e continuità.

Francesco Migliaccio: c’è la necessità di rivedere le politiche private e pubbliche. Bisogna partire dal fatto che non va bene come i privati e l’ammistrazione pubblica gestiscono questo posto. Chi siamo noi? Chi è la controparte? Come si organizzano? Come si organizza l’urbanistica. Potremmo prenderci 5 giorni per prenderci questo posto e cominciare dei dibattiti. Al tempo stesso sentire persone che si occupano di urbanistica etc. che vengono a raccontarci come funzionano certe cose, per costruire un percorso che stabilisca identità, controparti, modalità di azione. Così ci si può confrontare con la cittadinanza.

Davide Di Palo: data l’attuale situazione torinese (movimento forconi), bisogna capire se una volta preso il posto e gestito per pochi giorni, non sia pericoloso poi lasciarlo a sé stesso.

 

Andiamo alla Mensa Liberata.

 

Gianluca Bottoni: non cominciamo con passi falsi. Forse è il caso di evitare un’uscita personale di Viren e per prima cosa dire che torni a discutere la sua proposta prima di incontrare l’assessore. Già non siamo molti, il che è grave. Io vorrei che trovassimo la maniera per dirle di riportare il discorso qui dentro.

Marta Campigotto: a me che vada da Braccialarghe non importa. Sarà inutile.

Gianluca Bottoni: io sono per dirglielo comunque.

Chiara Cardea: andare a un incontro istituzionale senza giornalisti è molto diverso.

Marte Costa: non farei dissuasione né su di lei né su altre proposte. Lei ci ha già spiegato come intende agire.

Giulia Druetta: dovremmo invece narrare cosa è questa assemblea. Perché non scriviamo un comunicato stampa da mandare ai giornali.

Davide Di Palo: un comunicato potrebbe essere la prima vera uscita di questo collettivo intorno a ciò che stiamo discutendo. Porre una questione, mettere quattro punti chiari su ciò che avviene.

Michele Di Mauro: potremmo ricontattare la giornalista della stampa (Letizia Tortello) e chiederle di riprendere in mano la questione.

Marco Ivaldi: per scrivere un comunicato oggi dobbiamo fare il punto sulle idee, su chi siamo, cosa stiamo facendo.

Davide Di Palo: la pensavo più come un comunicato sui muri.

Chiara Bosco: non mi piacciono lotte intestine (es contro Viren). Se siamo qua è perché non ci piacciono modalità che sta usando lei (andando dall’assessore, idee personali, ecc). Quindi prima cosa che ci lega: nessuna proposta o progetto privato. Se non esce subito un comunicato con le nostre idee chiare non è un male. Siamo tante persone che vogliono parlarne. Dobbiamo avere una calendarizzazione di lavoro. E dobbiamo vederci di persona. Un’altra cosa che non ci piace della proposta di Viren è che sia virtuale, tutto solo su social network. Anche per darci un’identità, possiamo partire da cosa non ci piace della proposta di Viren e costruirci sopra. Dobbiamo rispondere alla domanda: perché è un’urgenza occuparci della Cavallerizza?

Marco Ivaldi: Quel posto non ha dato quasi nulla alla cittadinanza. Bastano poche persone per aprire alla cittadinanza quel posto e cominciare a lavorarci dentro. Non è necessario fare un comunicato per dire perché siamo lì.

Michele Di Mauro: Bisogna avere un’ipotesi sana e chiara per cominciare. Essere in grado di rimettere in discussione anche le modalità. Partire da un’azione “sacra”.

Davide Di Palo: l’idea dell’assemblea permanente la immagino proprio lì. E proprio in quel posto, riuscire ad avvicinare la cittadinanza. Io ci sono, per rimanere lì.

Daniele: essere qui serva anche per allargare la base del consenso. Ho seguito la vicenda del Valle, ciò che so è prima di entrare in quel posto è passato un anno e mezzo. Erano in tanti e raccoglievano tante idee diverse. Ad oggi non resisterebbe un’azione forte. Sarebbe utile riportare le necessità di parte, l’urgenza che ci porta qui. Per me c’è anche esigenza di spazi teatrali. Il Valle è aperto 24 ore su 24. Qui non ci sono spazi così. Io la ritengo un’esperienza positiva. Stare anche attenti ai diritti dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Io riscontro il problema di un’assenza di spazi per residenza. Le residenze negli altri paesi ci sono, ti danno un posto dove provare e fare creazione.

Marco Ivaldi: il teatro Valle quando è stato occupato fisicamente, era stato dichiarato in vendita? Se l’assemblea non si costituisce intorno a un fatto. In questo momento storico qual è il valore aggiunto che da teatrante dai a una situazione economica come quella di oggi? Il punto è gestire uno spazio che sia ad uso e consumo di una collettività. Nel frattempo dobbiamo impedire che questa cosa della vendita vada avanti.

Daniele: al Valle, per quanto ne so, quando è caduto l’ETI c’è stato un rimbalzo tra comune e ministero per chi doveva gestirlo.

Marte Costa: non lasciamo cadere l’aggettivo “sacro”. Il sacro è condivisibile. Ci manca la condivisione, non aggregherò nessuno dicendo che ci sono nuove sale teatrali. Se si ferma il teatro, ad oggi, la cosa non incide. La cosa di FB invece incide. Se non serve, io non posso chiedere nemmeno 5 centesimi alla popolazione.

Giulia Druetta: come arrivare a un’occupazione? Come comunicare con le persone? Proponiamo qualcosa che sia evidentemente qualcosa di collettivo. Io lo farei diventare un centro culturale, in cui c’è chi si occupa di teatro, chi di educazione etc. Occuparla in cinque rischia di non avere peso politico. Partire da assemblea permanente, poi aprire e lavorare sui 5 giorni. Il destinatario non dovrebbe essere l’intellettuale di sinistra. Forse provare un’azione combinata (appartamenti e teatro). Mi preoccupa di più l’assenza di strutture all’interno. Dove prendere materiale? A livello pratico che fare? Sul comunicato, iniziamo a pensare se tutti vogliamo scriverlo.

Daniele: volevo solo dire che il motivo per cui vengo qui sono forse più banali.

Annarita: perché non parliamo di una dignità del nostro lavoro? Del fatto che abbiamo esigenze che non vengono contemplate (prove, posti di fare spettacoli). Noi cosa diamo? Perché la collettività non recepisce la nostra classe lavorativa?

Elena: spesso non sentiamo più la fame di sacro. Io lavorato molto nelle associazioni, alla fine non avevo più lavoro. Da impiegata, ora, ho fame di sacro. Mi sembra che la società di oggi abbia perso questo senso. Questa è un’istanza, stare insieme per fare in modo che chi fa questo lavoro si ricordi perché ha scelto di farlo. Vorrei incontrare le persone per dir loro che c’è bisogno di altro nella vita.

Davide: tutto ciò non è stato messo da parte.

Ilaria Manti: si è parlato di “bene collettivo”. Ad esempio questa mensa dove siamo ora era un bene pubblico, poi esternalizzato ad un privato. Occupandola, abbiamo deciso di rendere questo posto un posto collettivo. Abbiamo anche ridato vita a un posto morto. Noi non vogliamo solo elargire un servizio. Ci sono anche rivendicazioni politiche, che s’ntersecano a quelle dei teatranti. Nell’ottica del rendere quel posto un bene collettivo bisogna comunicare a tutti che quello che si sta facendo. Dirlo su Fb, andare da chi stava negli appuntamenti ecc… Dire che c’è un progetto. Bisogna partire con rivendicazioni chiare, poi la logistica verrà da sé. Anche la comunicazione che si dà all’esterno.

Francesco Migliaccio: la mia percezione, da dottorando, è che il percorso porta da una condizione dei lavoratori dello spettacolo a un problema politico più ampio. Io sono disponibile a venire incontro qualora ci fosse volontà dei lavoratori dello spettacolo qualora ci fosse un’esigenza. Mi sento parte, io ci sono.

Michele Di Mauro: come mai chi dice di essere lavoratore dello spettacolo non è iscritto al sindacato? Magari sapere che 400 persone di Torino di colpo s’iscrivono al sindacato, può avere una risonanza. E comunque per me Viren andando in questo modoa da Braccialarghe, fornisce un alibi a Braccialarghe per dire che se ne sta occupando.

Davide Di Palo: Dobbiamo agire in modo che sia l’istituzione ad accorgersi di noi, non correre dall’istituzione.

Daniele Villari: il problema è che spesso le lotte all’interno del mondo dello spettacolo sono molto “particolari”. Persino il Comitato Emergenza Cultura lottava per il taglio dei fondi alle realtà locali, ma molti di noi non avevano quei bisogni (mai percepiti fondi!), ma altri.

Marta Campigotto: se l’urgenza è quella di togliere la Cavallerizza dalla vendita potremmo recuperare la proposta dell’altra volta, il mail-bombing verso il Comune. Inoltre dovremmo cominciare a pensare a cosa fare dello spazio Cavallerizza: è una discussione molto lunga e complessa, che necessita di mesi per giungere alla definizione di un progetto. Nel frattempo, finché il progetto dettagliato non c’è, si può agire con mobilitazioni di vario tipo (flash mob, …) perché il posto venga tolto dalla vendita.

Daniele Villari: non dovremmo trascurare il network e il passaggio delle informazioni, per raccogliere più consenso possibile e diffondere la questione.

Giulia Druetta: dobbiamo narrare ciò che sta succedendo, dobbiamo farlo noi, per evitare storpiamenti come quello compiuto nell’articolo uscito su La Stampa.

Chiara Bosco: decidiamo quale mezzo usare per cominicare inter nos e organizzarci.

Michele Di Mauro: pagina network o mailing list.

Marco Ivaldi: io mi posso occupare di mailing list e di abbozzare un comunicato, che possiamo rivedere e approvare durante la prossima assemblea.

Michele Di Mauro: dobbiamo comunicare a Viren e a Braccialarghe che questa assemblea è in forte disaccordo con il loro intento d’incontrarsi in Comune.

Marte Costa: a me personalmente non importa granché di Facebook, però evitiamo di demonizzarlo perché ha la sua utilità pubblicitaria.

Michele Di Mauro: difatti se vuoi unirti a Sharewood, ad esempio, è più facile farlo su Facebook.

Ilaria Manti: anche la mensa ha la sua pagina, è utile per comunicare con l’esterno.

Chiara Bosco: io mi posso occupare della pagina Facebook, ma come la chiamiamo?

Giulia Druetta: ci vuole la parola Assemblea, dato che per ora non siamo altro.

Marte Costa: chiamiamola semplicemente Assemblea per la Cavallerizza.

Chiara Bosco: io lo farei come profilo, non come gruppo: è più facile da gestire e facilita anche la comunicazione.

Michele Di Mauro: discutiamo prima tra noi, via mail, anche della pagina facebook prima di fondarla. Definiamo bene la comunicazione, in primo luogo decidendo un nome che dichiari da subito l’intento.

Ci lasciamo con:

– immediata creazione mailing list (Marco Ivaldi)

– futura creazione pagina (Chiara Bosco)

 

ENTRO MERCOLEDÌ 18 dicembre Marco Ivaldi manderà la bozza di comunicato via mailing list

Via mailing list si deciderà l’organizzazione dell’assemblea permanente.

COMUNICATO STAMPA DELLA GIORNATA:

15 DICEMBRE 2013 ORE 16.00
Cavallerizza Reale, Torino

VIENI ALLA CAVALLERIZZA REALE
con nuovi pacchi regalo per RIEMPIRE il cortile di proposte, contro proposte, idee, domande, intenti, desideri, richieste che rappresenteranno concretamente e visibilmente l’interesse dei cittadini e degli operatori culturali.

… a seguire alle 17.00 ci trasferiremo alla Mensa Liberata di via Principe Amedeo, 48 per mettere sul tavolo – TUTTI INSIEME – delle proposte concrete.

A questo link potete trovare il report dell’incontro di domenica 8 dicembre con i rispettivi video degli interventi.
http://masnadateatri.noblogs.org/post/2013/12/10/cavallerizza-un-vero-pacco-8-dicembre-ore-16-torino/ latest

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