Masnada Teatri
Ai giardini pubblici
Categories: Teatro e politica

A tutti i “ grandi o piccoli” artisti, artigiani del teatro, dirigenti, direttori, amministratori, presidenti, attori, sindacalisti, registi famosi e sconosciuti, spettatori, a chi decide e a chi subisce, a chi si fa prendere dall’ansia e chi sta comodamente seduto…

Io non faccio i conti in tasca a nessuno. Solo nelle mie, forse e ogni tanto. Non perché non ne abbia motivo o perché non ne abbia il bisogno, tutt’altro,semplicemente perché non è corretto e non mi interessa.

Ma i conti in tasca ad un ente pubblico è necessario e più che mai legittimo farli. Non per cercare sempre il colpevole dei vari malfunzionamenti e degli sprechi,che comunque esistono, piuttosto perché bisognerebbe partecipare, PROPORRE  e pretendere dei continui miglioramenti. Per partecipare alla vita pubblica.

E poi… è scorretto andare a vedere l’estratto di un conto dove anch’io sono azionario? Non credo. Chi lavora correttamente e amministrando con professionalità non dovrebbe aver paura di questo “controllo”. Potrà e dovrà sempre subire un giudizio (rispettoso) sulle scelte fatte e dovrebbe avere la forza e la professionalità per poterle discutere e se necessario modificarle. E senza ansia. Anche riproponendo con convinzione le proprie linee se le ritiene efficaci. Ma ad un certo punto dovrà essere giudicato PER IL PROPRIO LAVORO. Mandato via o premiato. Ma non da chi sta sopra di lui, ma da chi sta sotto, e da chi opera nel settore. Non si può  cambiare dirigenza solo perché cambia una giunta o qualsivoglia organo ma si vieni mandati via se non è stato fatto bene il proprio lavoro o se è utile e necessario un ricambio.

Io non ho mai ottenuto un finanziamento pubblico per la mia attività artistica, mi son sempre tirato su le maniche e ho trovato altre faticose soluzioni. Mi piacerebbe poter lavorare “più rilassato” ma ho trovato un altro modo per farlo.(non sono neanche e purtroppo lontanamente “figlio di papà)

Quindi parto dal presupposto che questioni di tagli e quant’altro non mi toccano personalmente. Mi tocca più la disillusione che invece interessino sempre solo le questioni economiche, relazionali e politiche a discapito del prodotto artistico. E che l’attenzione per il prodotto arrivi solo dopo essere passato “sotto” l’influsso del sistema per conoscenza.

Io non voglio conoscerVi se il motivo è solo avere la possibilità di arrivare da qualche parte. Mi interessa altro. Non chiedo Soldi ma Attenzione a quello che sta accadendo. E a come ci si stia chiudendo dietro varie corazze. Mi piacerebbe sputare tutto quello che ho visto e conosciuto bene del marcio che c’è nell’ambiente teatrale e non è detto che prima o poi non lo faccia, ma è più importante in questo momento fare altro. Ma ci vuole una bella ripulita, ognuno dentro al suo giardino. Dopodiché sarebbe più che mai il momento di buttare giù quel maledetto recinto intorno,cercare di non averne bisogno, cercare di invitare il vicino quando possibile  a vedere i fiori che questo ha prodotto ed essere curiosi di quelli degli altri. Coltivare un giardino che sia comune, anche non essendo di proprietà comune.

Gli amministratori, quelli che decidono, dovrebbero innanzitutto circolare per questi giardini prima di rinchiudersi nelle case di cemento e decidere a chi concedere il concime, a chi togliere un pezzo di terra per darlo ad un altro secondo leggi obsolete,a creare un bando per vedere chi ha il giardino più bello, o chi merita di ricevere una motozappa nuova. Circoliamo per questi giardini e ogni tanto smettiamo di piantare sempre alberi nuovi, il terreno non ce la farà a nutrirli tutti. Oppure il nostro sguardo si poserà su pochi bellissimi giardini ampiamente decorati con frutti meravigliosi circondati da tantissimi giardini abbandonati pieni di erbacce alte che prima o poi infesteranno anche i “giardini protetti”. E’ la natura. Inoltre l’invidia farà lanciare pietre e sassi nei giardini “invidiabili” rovinando anche quelli definitivamente. A me pare che stia accadendo questo al nostro giardino. Mi piace ancora (forse per poco)dire il nostro.

Marco Monfredini

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