Masnada Teatri
Sull’AGIS, l’OSSERVATORIO e altre esoteriche istituzioni
Categories: Teatro e politica

Tra i molti ragionamenti  che in questo periodo mi frullano nella testa ce ne sono alcuni che sgomitano per uscire…

Innanzitutto una bella metafora del mio amico Roberto Tarasco sullo stato del teatro oggi, che come un ristorante di lusso accoglie il cliente tra tovaglie di pizzo, camerieri con il rolex al posto, cassiere ingioiellate e gestori con il porshe parcheggiato all’entrata.

I clienti sono contenti perchè una cena nel ristorante della ribalta non costa molto grazie alle sovvenzioni pubbliche, anzi a volte è totalmente gratuita.

L’unico peccato è il cibo  scadente dal momento che il cuoco risulta essere, di tutti i dipendenti, il meno o per nulla pagato  e molte volte i soldi per fare la spesa per il ristorante gli vengono rimborsati solo anni dopo….

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Quest’anno arriveremo all’assurdo di avere intere dirigenze ( con contratti indeterminati e stipendi sindacali intoccabili) che non potranno fare nulla, in quanto i propri capitoli di spesa sono azzerati. Se ci pensate gli amministratori continuano a venire pagati ( e a volte anche lautamente) ma sono nell’impossibilità assoluta di amministrare e gestire, perchè senza fondi. Il mondo della cultura pubblico fondamentalmente è come una torta, il 73% dei costi sono legati al personale e alle spese fisse (locali, utenze) il 27% alle progettualità e ai soggetti che PRODUCONO cultura. Nel momento in cui diminuiscono i fondi si scopre che il 73% dei costi di cui sopra non è fisicamente comprimibile, quindi l’unica strada per mantenere un bilancio è diminuire il 27%.

Il risultato è che tutta la macchina che amministra – gestisce e organizza la cultura rimane intatta, mentre quella che produce la cultura da amministrare, organizzare e gestire semplicemente non esiste più.

Il ristorante non ha il cuoco e non ha più il cibo da servire ai clienti, ma mantiene la cassiera, il gestore, il cameriere, il porshe e le tovagliette di pizzo.

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L’osservatorio culturale ha recentemente detto che la ” situazione è drammatica ma non è seria”. Lo ha detto perchè analizzando le schede che ha fornito alle compagnie teatrali piemontesi e da cui ha ricavato i dati sullo stato del teatro oggi ha constatato che fondamentalmente la quantità di impiegati nelle compagnie è rimasto costante nonostante la crisi.

Ma l’osservatorio lo sa che molte  compagnie da un anno non pagano più lo stipendio ai dipendenti?  Ma l’osservatorio lo sa che per l’assurda politica dei contributi dati sui contributi versati oggi le compagnie sono obbligate a mantenere il versamento di contributi enpals pur non potendo, di fatto, assicurare lo stipendio al proprio personale?

Ma l’osservatorio lo conosce il non senso della politica contributiva alle compagnie di teatro che di fatto sono imprese ( e sempre più devono agire come imprese) ma legalmente devono essere associazioni non lucrative? Come associazioni sono tenute a svolgere attività non lucrativa verso i propri associati, e come imprese dovrebbero mantenersi senza contributi pubblici….

Ma l’osservatorio lo sa che le politiche culturali regionali stanno, di fatto, annientando tutta l’attività culturale presente? E che se non c’è presente non ci può essere neanche futuro?

Ma l’osservatorio lo sa che senza futuro culturale non ci sarà neanche il futuro dell’osservatorio?

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Quanto costerebbe al pubblico il biglietto di uno spettacolo di uno dei festival regionali se non intervenisse il contributo pubblico? Un veloce calcolo fatto con il xxx ( contributi ricevuti/spettatori/costo biglietto) porta come risultato circa 55€ che diventano 84€ per uno spettacolo del xxx. Questo è il reale e attuale costo di un biglietto per uno spettacolo di questi festival. Con tali prezzi, i festival avrebbero lo stesso numero di spettatori? E perchè alle piccole compagnie e alle piccole rassegne viene richiesto di sostenersi da soli, quando le grandi strutture sono lontanissime da riuscire a farlo? Forse per avere più fondi da investire sulle grandi strutture?

Ma le grandi istituzioni non dovrebbero avere come atto statutario e atto morale l’innovazione del panorama culturale nel quale sono situate e la tutela delle piccole realtà che garantiscono capillarità, formazione e rinnovamento della cultura stessa?

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Infine una piccola riflessione sull’Agis, che rimane ed è l’unica associazione di categoria che, volenti o nolenti, abbiamo. (AGIS = Agenzia italiana spettacolo dal vivo)

Il tavolo di lavoro dell’Agis a mio avviso dovrebbe pubblicare apertamente i resoconti degli incontri, scrollandosi di dosso l’aura di massoneria che lo avvolge, avere un rappresentante nominato annualmente per ogni categoria culturale, avere quote proporzionali ai contributi ricevuti, e non uguali per tutti, auspicare e promuovere una tutela delle piccole compagnie da parte delle grandi istituzioni ( che diventerebbero una sorta di tutor)  ed infine promuovere e sostenere la creazioni di reti di lavoro sia tra le compagnie che tra le compagnie ed i soggetti imprenditoriali privati.   svecchiamo svecchiamo svecchiamo……  il mondo viaggia con le creative commons e noi siamo ancora a discutere di Fiom e Siae…

Fine delle riflessioni, un saluto!

Marco Ivaldi ibrahimovic referat

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